21 Novembre 2025
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Il Gazzettino, la festa del 2 Giugno e perché all’Italia manca l’orgoglio nazionale

 

L’orgoglio nazionale che manca agli italiani“: questo è il titolo dell’editoriale pubblicato il 2 giugno, festa della Repubblica, in prima pagina dal Gazzettino. L’editoriale reca la firma illustre del professor Alessandro Campi, nativo di Catanzaro, docente in varie Università, studioso tra i maggiori in Italia di storia e analisi politica, direttore di importanti riviste specializzate.

Il professore propone un tema che è una costante – si potrebbe dire un luogo comune – dei commenti politici in Italia: quello della presunta tendenza degli italiani ad autoflagellarsi, a non essere invece orgogliosi di quanto di buono e di grande l’Italia ha fatto.

Cosa scrive il Gazzettino

Non si conoscono altri Paesi, tra le grandi democrazie contemporanee – scrive il professor Campi sul Gazzettino – capaci di un tale livello di denigrazione autoinflitta quando si tratta del proprio passato collettivo: poco o niente di cui gloriarsi, molto di cui vergognarsi o pentirsi. Vale per gli ultimi ottant’anni di vita politica, ma vale in realtà per l’intera storia patria dell’ultimo secolo e mezzo“.

Il problema – scrive ancora il professor Campi – è come uscire da questa immagine dell’Italia come paese sostanzialmente sbagliato e da rifare“.

E conclude: “Una soluzione potrebbe essere – un compito per la classe politica così come per il mondo culturale e giornalistico – provare ad articolare una contronarrazione pubblica che, senza nascondere o minimizzare le pagine nere o brutte che ogni nazione ha peraltro nel suo passato, dia il giusto risalto anche a quelle di cui collettivamente andare orgogliosi. E senza le quali non avremmo realizzato gli avanzamenti sociali, civili ed economici che abbiamo comunque fatto registrare da una generazione all’altra. Insomma l’Italia e gli italiani, dacché esistono come comunità politica organizzata e realtà unitaria, hanno fatto anche cose buone. Sarebbe il caso di ricordarsene tutti i giorni dell’anno.”

Il progresso non è merito dell’Italia

Non voglio certo negare quegli “avanzamenti sociali, civili ed economici” che il professor Campi cita. Ma  si tratta di avanzamenti conseguiti da tutta quella parte di mondo in cui l’Italia si ritrova immersa. Dall’Ottocento ad oggi, il progresso è stato (quasi) globale.

Se sui campi coltivati si muovono moderni trattori e non buoi, se ci spostiamo in auto o in aereo e non a dorso di mulo, se abbiamo migliori disponibilità alimentari, se il benessere è più diffuso che un tempo, se tutti hanno diritto all’istruzione e ad essere curati, se i lavoratori hanno ottenuto condizioni migliori, questo non è merito specifico dell’Italia unita, ma un portato del tempo e del luogo in cui viviamo. Ed anzi, è tutto da dimostrare che l’unificazione dell’Italia abbia portato un vantaggio, o non sia stata piuttosto un freno allo sviluppo, al progresso, al benessere, alla felicità dei popoli della Penisola. A cominciare dal Veneto.

Orgoglio di Patria

E poi non è vero che gli italiani non siano orgogliosi del loro passato. Ne sono, anzi, orgogliosissimi: il loro ben noto campanilismo discende da qui. Da un orgoglio di patria. Solo che la Patria per la quale si prova orgoglio non è l’Italia post-unitaria i cui pregi sono affermati in blocco dall’editoriale sul Gazzettino, prudentemente senza citarne neppure uno.

Il tanko dei Serenissimi in piazza San Marco a Venezia. Era dedicato a Marcantonio Bragadin. La targa riportava VTMB, Veneto Tanko Marcantonio Bragadin

All’Italia manca l’orgoglio nazionale perché non è una nazione, ma popoli diversi unificati con la forza e con l’inganno, e tenuti ancor oggi insieme con gli stessi mezzi, negando referendum per l’autodeterminazione, punendo in modo sproporzionato gesti come quelli dei Serenissimi, o sentenziando, come ha fatto la Corte Costituzionale (QUI il lucido commento dell’avvocato Alessio Morosin) , che il popolo veneto – indipendente per oltre mille anni – non esiste…

L’Italia plurale

La Patria di cui gli italiani vanno orgogliosi non è l’Italia post-unitaria, ma l’Italia plurale dei campanili e degli antichi Stati che l’unità politica ha malamente soppresso e continua a voler cancellare, diffamare e sminuire nel ricordo.

Sono quei campanili e quegli antichi Stati ad aver costruito nei secoli la grandezza, la fama, il mito dell’Italia nel mondo.

Di cosa siamo orgogliosi

Di Firenze, di Venezia, di Napoli, di Roma andiamo giustamente orgogliosi. Del Rinascimento, dell’uomo rimesso al centro del mondo, del progresso scientifico, della bellezza che risplende nelle città che furono capitali, del pensiero forte che in secoli di dispute teologiche ha permesso a Venezia di affermare pienamente i moderni diritti del commercio e della finanza, che la Chiesa considerava peccato.

Il Ducato zecchino di Alvise Pisani Doge. Aloy Pisani Dux.

Dell’invenzione dell’editoria, del libro moderno, per tutti, che Aldo Manuzio poté imporre grazie alla libertà di cui si godeva a Venezia. Del ducato veneziano e fiorentino prime monete globali, del welfare veneziano, dell’eroica, secolare difesa che la Repubblica veneta ha garantito contro l’espansionismo ottomano: non ci fosse stata la potenza della Serenissima, oggi le donne in Europa avrebbero gli stessi diritti di cui godono le donne afghane.

Di questo sì, andiamo orgogliosi. Come andiamo orgogliosi che l’idea necessaria e tuttora attualissima di un governo universale sia un’eredità della Roma imperiale, e della Chiesa di Roma, cattolica cioè universale.

Le gesta di Garibaldi e altre porcherie

Dovremmo, invece, essere orgogliosi delle gesta di Garibaldi, dei paesi del Sud dati alle fiamme per imporre l’unità d’Italia che non volevano, dei referendum truffa che sancirono l’annessione del Veneto e degli altri Stati al Regno d’Italia? Dovremmo essere orgogliosi di aver obbligato a scappare dalla loro terra, a emigrare in Merica e altrove, metà della popolazione veneta che l’unità d’Italia e le tasse imposte per finanziarla avevano ridotto alla fame?

Dovremmo essere orgogliosi di aver dichiarato guerra all’Austria per avere Trento e Trieste che ci venivano gratis, per aver mandato allinutile massacro seicentomila uomini in nome del nazionalismo italiano? Dovremmo essere orgogliosi del Fascismo, delle guerre coloniali, delle leggi razziali, della rovinosa Seconda Guerra che rubò l’Istria e la Dalmazia alle province venete? Di queste porcherie, dovremmo essere orgogliosi?

Il 2 Giugno

Quel 2 Giugno, siamo lieti che al referendum abbia vinto la repubblica. Almeno non abbiamo davanti agli occhi, non dobbiamo levarci il cappello, davanti alla dinastia che così malamente, così ferocemente ha unito l’Italia.

No alla contronarrazione

Ma ci permettiamo, dal nostro piccolo di Serenissima News, di cestinare con un certo qual sdegno l’appello, contenuto nell’editoriale sul Gazzettino, a partecipare come giornalisti a quella  “contronarrazione” vagamente minculpoppiana per convincere gli italiani che sì, anche l’Italia post-unitaria ha fatto cose buone, di cui andare orgogliosi. Lo stesso, dopotutto, che si sente dire anche a proposito del Fascismo. E che potrebbe esser detto di qualunque regime.

Un Paese da rifare

Se il problema, come scrive il professor Campi, è “come uscire da questa immagine dell’Italia come paese sostanzialmente sbagliato e da rifare“, ci permettiamo di suggerire  la migliore delle soluzioni: quella di rifare il paese. Di rifarlo giusto, cioè federale, rispettoso dei diritti delle nazioni storiche che l’imposta unità ha negato e continua a negare, persino quando ci si contenterebbe pro bono pacis di misere gocce di autonomia.

La Bandiera Contarina che sventolava sulla galea personale del Doge Domenico II Contarini

Allora sì, che potremo festeggiare: quando la bandiera di un’altra Repubblica, la bandiera giusta, tornerà su palazzo Ducale di Venezia, testimone di una grandezza di cui poter essere orgogliosi.

Alvise Fontanella

 

 

 

 

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