19 Marzo 2024
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Catalogna, petizione Rubinato all’Europarlamento: immunità per gli indipendentisti perseguitati

Simonetta Rubinato ha lanciato una petizione per chiedere ai parlamentari europei di non revocare l’immunità parlamentare agli eurodeputati catalani perseguitati dalla Spagna per aver indetto il referendum per l’indipendenza della Catalogna.

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Simonetta Rubinato

Lunedì 8 marzo 2021 infatti, il Parlamento Europeo deciderà se togliere l’immunità parlamentare a tre eurodeputati catalani: l’ex presidente della Catalogna Carles Puidgemont, e i suoi ex ministri Clara Ponsatí e Antoni Comín.

Carles Puidgemont

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I tre, esuli dal 2017, sono oggetto di una richiesta di arresto e di estradizione da parte della Corte Suprema di Madrid. Sulla carta, la revoca dell’immunità è certa, data la schiacciante maggioranza nel Parlamento Europeo dei partiti che in Commissione hanno aderito alle pressioni spagnole.

Ma il voto è segreto, e chiama in causa la coscienza di ogni singolo eurodeputato. Carles Puidgemont e gli altri indipendentisti catalani sono perseguitati per le loro idee, non per fatti di violenza, hanno solo indetto un referendum democratico.

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Simonetta Rubinato, ex parlamentare trevigiana del Pd, che lasciò il partito per dar vita ad un movimento autonomista veneto, ha lanciato su change.org una petizione che oggi, domenica 7 marzo, ore 15, ha già raggiunto quasi 1.000 firme.

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Ecco il testo dell’appello firmato da Simonetta Rubinato.

Onorevoli deputati,

il prossimo 8 marzo la sessione plenaria del Parlamento Europeo sarà chiamata a decidere sulla revoca dell’immunità parlamentare, richiesta dall’autorità giudiziaria spagnola, degli eurodeputati catalani Carles Puigdemont, Clara Ponsatí e Antoni Comín.

Carles Puigdemont, già presidente della Generalitat de Catalunya, in esilio dal 29 ottobre 2017, Clara Ponsatí, già Ministro dell’Istruzione nell’ultimo governo Puigdemont, e Antoni Comín, già Ministro della Sanità nello stesso governo, anch’essi in esilio, dovrebbero rispondere, in base all’accusa dell’autorità giudiziaria spagnola, di ribellione, sedizione e malversazione in relazione al referendum indipendentista del 2017. Per gli stessi capi d’imputazione sono già stati condannati e incarcerati gli esponenti politici Oriol Junqueres, Raül Romeva, Jordi Turull, Dolors Bassa, Carme Forcadell, Joaquim Forn e Josep Rull, con pene variabili dai tredici ai dieci anni di carcere.

L’accusa: aver organizzato un referendum

L’accusa è sostanzialmente quella di aver organizzato il 1° ottobre del 2017 un referendum illegale per far decidere il corpo elettorale catalano sul futuro politico della Catalogna rispetto all’appartenenza alla Spagna. Certamente ci sono stati forzature ed atti illegali rispetto all’ordine costituzionale spagnolo da parte delle Autorità catalane, ma a ciò ha contribuito anche l’atteggiamento di totale chiusura ad ogni ipotesi di negoziato politico del Governo spagnolo. Non solo: le immagini della violenza degli agenti spagnoli in Catalogna davanti ai seggi, dei volti insanguinati dei civili, di anziani colpiti dai manganelli, hanno fatto il giro del mondo provocando incredulità e condanne. Per la stessa Amnesty International le forze di polizia inviate dal Governo di Madrid hanno fatto un “uso eccessivo della forza”, con la “mano pesante” contro persone che facevano solo “resistenza passiva”.

Referendum, l’esempio della Scozia e del Québec

Analoghi referendum si sono invece potuti svolgere legalmente e democraticamente nel Regno Unito (referendum scozzese del 2014) e in Québec (1980 e 1995), due esempi di good practice di ordinamenti democratici che il Parlamento Europeo non può ignorare, ora che è chiamato a decidere sulla sorte di questi parlamentari che, malgrado tutte le determinazioni a loro favorevoli di tribunali del Belgio, della Germania e della Scozia, dovranno affrontare un giudizio innanzi il Tribunale Supremo spagnolo, con sentenza inappellabile, ove fosse concessa l’autorizzazione.  Da più parti molti dubbi e perplessità sono stati sollevati sulla giustizia spagnola, che si dimostra ostile alla dissidenza politica: si possono ricordare anche la recente incarcerazione del rapper Pablo Hasél, per aver espresso nelle sue canzoni critiche alla monarchia, o l’esilio del rapper Valtonyc per ragioni analoghe. Il giudice belga, chiamato a decidere sull’estradizione di quest’ultimo, ha sentenziato che i testi delle canzoni rientrano nell’esercizio della libertà d’espressione.

In questo quadro il voto del Parlamento europeo rischia di esacerbare il conflitto politico-costituzionale in atto se sarà ratificata la richiesta delle Autorità spagnole, che hanno sin qui opposto un netto rifiuto al dialogo politico con i rappresentanti delle Istituzioni catalane e il continuo ricorso ad azioni giudiziarie, democraticamente dubbie e discutibili in punta di diritto. Se invece il Parlamento Europeo rigetterà l’istanza di revoca dell’immunità potrà accendere un faro di libertà, garantendo il diritto dei tre parlamentari catalani di rappresentare i cittadini che li hanno democraticamente eletti, e al contempo indicare al Governo spagnolo la strada del negoziato politico come unica possibilità di risoluzione democratica della crisi con la Catalogna, rifiutando la logica della repressione giudiziaria ed istituzionale.

In Commissione 5 membri spagnoli su 25…

Non depone tuttavia a favore di ciò la circostanza che la Commissione “Juri” abbia dato parere favorevole alla revoca dell’immunità con 15 voti a favore, 8 contrari e 2 astenuti: d’altro canto né la composizione del “Juri”, fortemente squilibrata a favore dei rappresentanti spagnoli (ben cinque membri spagnoli su venticinque, tra i quali anche il presidente), né il ruolo avuto da alcuni di loro in Spagna sulla questione catalana (un membro appartenente al partito di estrema destra VOX ha rappresentato l’“accusa popolare” nel processo agli indipendentisti catalani innanzi al Tribunale Supremo) hanno garantito una equanime considerazione del caso.

Spetta dunque ora a ciascun membro del Parlamento Europeo fare giustizia respingendo la richiesta di revoca dell’immunità di Carles Puigdemont, Clara Ponsatí e Antoni Comín, ripristinando quel principio democratico in base al quale le vertenze politiche, come la questione catalana, si risolvono con il negoziato politico e non nelle aule giudiziarie.

In un Paese europeo si perseguitano i dissidenti

Nè deve apparire neppure minimamente giustificato nei fatti ciò che il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha recentemente contestato all’alto rappresentante U.E. Josep Borrell, circa le “presunte decisioni giudiziarie politicamente motivate” proprio in relazione agli indipendentisti catalani in carcere e in esilio, minando così fatalmente la credibilità europea sul caso Alexei Navalny in tema di diritti umani. Come possono le Istituzioni europee essere un riferimento per i diritti umani nel mondo se consentono che in un Paese europeo si perseguitino in modo autoritario i dissidenti?

Anche il risultato delle recentissime elezioni in Catalogna, celebrate in piena pandemia per decisione giudiziaria, a seguito della sentenza che ha costretto il presidente della Generalitat, Quim Torra, a dimettersi per effetto della sua sospensione dai pubblici uffici per non aver rimosso dal Palazzo della Generalitat uno striscione di solidarietà con gli esuli ed i prigionieri politici, dimostra che la questione dell’indipendenza non può essere aggirata e non si può ignorare che i partiti che rappresentano nel Parlamento catalano una possibile maggioranza hanno i loro leader agli arresti o in esilio per aver esercitato la dissidenza politica, senza peraltro commettere alcuna violenza. Per questo la vicenda non può più essere considerata solo un affare interno della Spagna.

C’è un parere giuridico che può illuminare la scelta di ciascun membro del Parlamento europeo. Quando il Québec decise di intraprendere la strada della secessione dal Canada, il governo federale sottopose alla Corte suprema la questione e le chiese se ciò fosse possibile e, se sì, a quali condizioni. La Corte individuò le criticità, le collocò nel contesto storico, analizzò i principi costituzionali. Quanto ad essi, disse del “primato del diritto” e del “rispetto dei diritti delle minoranze”; affermò l’esigenza di “riconoscere le diversità”; sostenne che la democrazia presuppone che “nessuno abbia il monopolio della verità”; chiarì che “il buon funzionamento di una democrazia esige un processo permanente di discussione” e concluse che il “nostro sistema si fonda sulla convinzione” che è necessario fare ricorso al “mercato delle idee”. In breve, “un sistema democratico di governo è tenuto a prendere in considerazione le voci dissidenti”. Per questo, era necessario un negoziato, successivo ad un referendum. Coerente con questa cultura democratica, anche il Parlamento britannico ha consentito alla Scozia di celebrare un referendum sulla secessione, approvando poi una devolution molto avanzata a favore delle Istituzioni scozzesi nonostante l’esito contrario all’opzione indipendentista.

Lo standard democratico dell’Unione Europea

Lo standard democratico dell’Unione Europea non può essere da meno di quello del Canada e del Regno Unito e non può non valere anche nella vicenda catalana, avendo Carles Puigdemont, Clara Ponsatí e Antoni Comín sempre rifuggito ogni forma di violenza ed essendo legittimati sul piano democratico da un’ampia parte del corpo elettorale della Comunità territoriale catalana.

Qualcuno obietterà: ma la Corte costituzionale spagnola aveva ritenuto illegittimo il referendum. Certo, è un giudizio ineccepibile sul piano formale, ma non sul piano del rispetto del principio democratico in una democrazia che fa della sostanza della sovranità popolare il suo termine di riferimento e che non può giungere fino al punto di ignorare la volontà espressa dalla maggioranza del corpo elettorale catalano, che tuttavia è impotente rispetto ad una revisione costituzionale in quanto resta minoranza nel Parlamento spagnolo.

Dal voto dipende il progetto europeo

Per questo dal voto che il Parlamento Europeo darà lunedì prossimo dipende non solo la sorte giudiziaria dei tre europarlamentari catalani, ma l’identità culturale e politica dello stesso progetto europeo, come tentativo di conseguire l’unità nel rispetto delle diversità e del pluralismo, e la reputazione dell’Unione Europea rispetto alla Comunità internazionale, come il continente in cui libertà e democrazia assumono una rilevanza effettiva. Come cittadini europei facciamo pertanto appello a ciascuno di Voi perché la richiesta di revoca dell’immunità venga bocciata.

 

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