13 Maggio 2024
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Strage di Pontelandolfo 1861, il 14 agosto “giorno della verità” sul Risorgimento

Se l’Italia volesse cominciare a fare i conti con la propria storia, il 14 di agosto dovrebbe essere proclamato “giorno della verità” sul Risorgimento. Perché il paese di Pontelandolfo, in Campania, contava, quel 14 agosto 1861, quasi 4.500 abitanti.

Su di loro piombarono come belve 500 bersaglieri del neonato Regno d’Italia, comandati dal colonnello Pier Eleonoro Negri, e fu una strage. Il colonnello Negri, veneto di San Bonifacio, era un protagonista del cosiddetto Risorgimento, uno che pochi anni prima, nel 1848 a Vicenza, aveva pagato di tasca propria un battaglione di cosiddetti volontari insorti contro l’Austria. Un fulgido esempio di patriota italiano, al quale sono tuttora intitolate vie, a Vicenza e a San Bonifacio, e a Vicenza c’è anche una lapide che ricorda il grand’uomo.

Pier Eleonoro Negri

Pier Eleonoro Negri aveva 43 anni e tre medaglie al valor militare, nonché decorazioni al merito concesse da re Vittorio Emanuele II per l’eroico comportamento nelle battaglie risorgimentali, quando guidò lo sterminio di Pontelandolfo.

L’ordine del generale Enrico Cialdini

L’ordine del generale Enrico Cialdini – anche lui un “eroe” al quale sono dedicate strade e piazze in tutta Italia, c’è un Piazzale Cialdini ache a Mestre – era di “non lasciare pietra su pietra” dei paesi di Pontelandolfo e Casalduni, che avevano accolto a braccia aperte gruppi armati fedeli ai Borbone, milizie che erano state capaci di sterminare senza pietà un reparto dell’esercito italiano di occupazione forte di 41 militari.

Monumento a Enrico Cialdini a Castelvetro di Modena (foto di Mongolo1984, licenza CC)

Una rappresaglia in pieno stile nazista

La strage di Pontelandolfo fu quindi una rappresaglia dell’esercito italiano, del tutto analoga alle rappresaglie naziste contro i civili, dopo le azioni dei partigiani. Se l’avessero compiuta i nazisti, quella strage, nel paese martire ci sarebbero da decenni celebrazioni solenni, discorsi ufficiali delle massime autorità dello Stato, corone di fiori deposte da corazzieri in alta uniforme, e il colonnello che comandò la strage sarebbe comunemente definito “boia di Pontelandolfo“.

Il colonnello Pier Eleonoro Negri eseguì alla lettera gli ordini del generale Cialdini, incaricato dal Re di spegnere a qualsiasi costo i focolai di resistenza borbonica nel Sud. A Casalduni molti abitanti fecero appena in tempo a lasciare le abitazioni e assistettero impotenti, dall’alto, al rogo delle loro case.

Il massacro di Pontelandolfo

A Pontelandolfo fu una strage: i bersaglieri piombarono in paese, fucilarono quanti incontravano, entrarono nelle case, le saccheggiarono, massacrarono gli uomini, violentarono e uccisero donne e bambini. Appiccarono il fuoco alle case, e giocarono al tiro a segno con i disgraziati che fuggivano dalle abitazioni in fiamme, o li costrinsero a colpi di baionetta a tornare dentro per morire bruciati vivi. Centinaia e centinaia di cadaveri, almeno 400 i morti, alcuni storici parlano di mille.

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Perfino sui parroci e sui preti i bersaglieri del Regio Esercito italiano si accanirono, e con furia particolare, perché avevano benedetto le bandiere borboniche dei cosiddetti briganti. E infine, sulle ceneri di quella barbarie, la propaganda sabauda stese la versione ufficiale, che parlava di uno “scontro con i briganti” gloriosamente vinto dal Regio Esercito, e di appena 14 vittime tra i civili.

Cominciammo a fucilare preti e uomini…

La verità la sappiamo dalle ceneri fumanti di centinaia di abitazioni, dallo sdegno e dal pianto di chi le vide, da scampoli di antiche, coraggiose interrogazioni parlamentari cadute nel silenzio, dalla scoperta di una fossa comune con i cadaveri di oltre duecento persone, e dalla penna di un bersagliere, tale Carlo Margolfo, di Sondrio, che anni dopo scrisse le sue memorie, chissà se per togliersi dalla coscienza il peso terribile di quella strage. “Entrammo nel paese, subito cominciammo a fucilare preti e uomini, quanti capitava…“.

Eppure per oltre un secolo, la strage di Pontelandolfo fu seppellita dalla propaganda italo-unitaria. Ancora oggi, soltanto un presidente del Consiglio, Giuliano Amato, s’è fatto vedere in quei luoghi per chiedere scusa, e ancora oggi, storici italounitari diffondono la favoletta delle sole 14 vittime civili inventata 160 anni fa dalla propaganda sabauda.

Antonio Gramsci: Stato Italiano dittatura feroce

Lo storico Denis Mack Smith calcola che la guerra di conquista del Sud, paese per paese, sia costata almeno diecimila morti, quasi il doppio dei caduti in tutte le guerre cosiddette d’indipedenza contro l’Austria.

«Lo Stato Italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti». Così scrisse Antonio Gramsci, nel 1920. Ma Gramsci non poteva immaginare che cento anni dopo, quella “dittatura feroce” sarebbe rimasta tanto potente da impedire alle vittime di chiamare col loro nome gli assassini.

Pontelandolfo, il monumento censura la verità

Nel centocinquantesimo anniversario della strage, cioè nel 2011, dopo un secolo e mezzo di vergognoso silenzio sui fatti del 1861, a Pontelandolfo s’è infine eretto un doveroso monumento a ricordo delle vittime della strage compiuta dal Regio Esercito Italiano.

Pontelandolfo, il monumento in memoria della strage di civili inermi compiuta dal Regio Esercito Italiano il 14 agosto 1861 (Foto di Acfoto, licenza CC)

Ma la targa che sta ai piedi del monumento merita il premio mondiale della censura. O dell’autocensura. “In memoria e ricordo perenne delle vittime civili innocenti ed inermi trucidate nell’eccidio del 14 agosto 1861. Da oggi e per sempre ad esse la patria rende giustizia ed onore“. Così recita l’incredibile lapide di Pontelandolfo.

Chi furono gli autori della strage di civili inermi, e perché la compirono, la lapide non osa dire, neppure 150 anni dopo. Non osa dire che a trucidare quegli inermi fu quella che la lapide chiama Patria, alla quale i trucidati si opponevano, nel nome di quella che loro, i trucidati, chiamavano Patria.

Gli assassini non si possono dire

Sembra proprio che nell’Italia, sui monumenti e sulle lapidi nei luoghi degli eccidi, i crimini possano essere soltanto fascisti o nazisti. I crimini di Napoleone, di Garibaldi, del Risorgimento, dell‘Unità d’Italia, della Grande Guerra e dei Partigiani sono sempre orfani di padre, al massimo è tollerato il ricordo delle “vittime inermi” ma senza citare chi furono gli assassini.

Achille Variati, Vicenza e Pontelandolfo

Il 2011, centocinquantesimo anniversario della strage di Pontelandolfo, se lo ricorda anche Achille Variati, allora sindaco di Vicenza. Pressato perché facesse togliere la lapide e la targa stradale che tuttora onorano in Vicenza il colonnello Pier Eleonoro Negri, si disse “impotente” a farlo.

Vicenza. La targa in onore di Pier Eleonoro Negri

Si limitò a eseguire gli ordini….

Cento e cinquant’anni dopo l’eccidio di Pontelandolfo, l’esercito italiano, i bersaglieri, alcune associazioni d’arma fecero pressioni sul sindaco, difesero ancora l’autore materiale della strage: “Era in zona di guerra, si limitò a eseguire gli ordini“. La stessa linea di difesa degli ufficiali nazisti al processo di Norimberga

Il sindaco Achille Variati volle tuttavia dare un segnale e vi riuscì: il piazzale davanti al nuovo palazzo di Giustizia, a Vicenza, si intitola a Pontelandolfo, e la targa fu inaugurata solennemente, alla presenza del sindaco del paese campano. E quel 2011 Achille Variati, il 14 agosto, si recò a Pontelandolfo, insieme al presidente del consiglio Giuliano Amato.

Vicenza. Piazza Pontelandolfo, la targa che ricorda il paese massacrato dal Regio Esercito Italiano

Non Risorgimento ma guerra di conquista

Ma di fronte ai fatti di Pontelandolfo e di Casalduni, e degli altri paesi dati alle fiamme e saccheggiati nel nome dell’unità d’Italia – Auletta, Venosa, Barile, Monteverde, San Marco, Rignano, Spinelli, Carbonara, Montefalcione, Basile, Cotronei… – dovremmo avere il coraggio civile di non parlare più di Risorgimento, ma di feroce, spietata, sanguinaria conquista del Sud e di conquista dei legittimi antichi Stati della Penisola da parte dei Savoia, appoggiati dalla massoneria che aveva l’obiettivo di indebolire il potere dei Papi, togliendo loro lo Stato della Chiesa.

Dovremmo parlare di una guerra di conquista condotta in stile giacobino, usando le armi della propaganda, spacciando per liberatore l’esercito invasore, e per briganti le genti che resistevano in difesa delle loro terre, fedeli al loro legittimo re.

Una guerra di conquista condotta con la ferocia che oggi, 14 agosto, a Pontelandolfo e Casalduni si ricorda, stando bene attenti a non insultare il Tricolore, a non mettere in discussione l’Italia una e indivisibile, e persino a non offendere i nipotini del generale Cialdini e del colonnello Negri, perché in questa incredibile Italia, gli orfani delle persone massacrate possono essere condannati in Tribunale se gli scappa una parolaccia all’indirizzo degli assassini…

 

 

 

 

 

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