28 Marzo 2024
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Salvini silura Fontana, la Liga Veneta “paga” i trionfi elettorali di Zaia. Il partito: macché dimissioni

Lorenzo Fontana lascia a sorpresa l’incarico di commissario della Liga Veneta nel quale il segretario della Lega, Matteo Salvini, lo aveva nominato nel luglio 2019.

La nomina, nel luglio 2019,  era avvenuta con modalità  indegne di un partito federale: i dirigenti della Liga Veneta, di gran lunga il partito regionale più votato tra i partiti regionali federati nella Lega, avevano appreso del commissariamento della Liga da un comunicato stampa del portavoce di Salvini, che indicava in Lorenzo Fontana il commissario, spodestando il segretario della Liga Veneta, Toni Da Re, che per tre anni aveva gestito il partito, reduce dall’era di Flavio Tosi, portandolo a risultati elettorali mai visti.

Oggi come allora, il cambio al vertice della Liga Veneta sembra essere stato deciso in solitudine a Via Bellerio, da Matteo Salvini. Oggi come allora, la motivazione ufficiale sono i nuovi incarichi assunti dal segretario veneto silurato: nel luglio 2019 fu l’elezione al Parlamento Europeo di Toni Da Re, oggi l’affidamento al parlamentare Lorenzo Fontana, da parte di Salvini, di un incarico nella Lega “italiana”, quello di responsabile del Dipartimento “Famiglia e valori identitari”. Un incarico certamente importante, che si aggiunge al ruolo di parlamentare ricoperto da Fontana e agli altri ruoli del deputato veronese. Ma che non sembra possa essere, oggettivamente, causa di impedimento per poter restare anche al vertice della Liga Veneta. Dopotutto, Salvini è stato vicepremier e ministro e questo non gli ha impedito di restare segretaro della Lega “italiana”.

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Comunicando l’intenzione di lasciare l’incarico, Lorenzo Fontana segue il galateo dei silurati, ringraziando “per la fiducia accordatami” e auspicando che “ora, visti gli impegni di valenza nazionale e la portata del nuovo incarico, si possa individuare una nuova guida per la Liga Veneta». Una nuova guida che, ancora una volta, non è chiaro se uscirà da un congresso della Liga Veneta o dalla mente di Salvini: “Auspico – conclude Fontana – che il profilo che sarà individuato possa essere quello di uno dei nostri bravi giovani”.

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Nulla di nuovo, beninteso. Sin dai tempi di Bossi e della Lega Nord, il maggior partito autonomista d’Italia, quello che ha modificato la cultura politica del Paese introducendo il tema del federalismo e della pluralità del Paese, ha al proprio interno una struttura federale di facciata ma in realtà una rigida catena di comando centralizzata e gestita autoritariamente dal segretario della Lega, che comanda anche sui partiti regionali federati. E se questo è normale quando i partiti regionali erano solo “inventati”, non lo è adesso che molte strutture regionali si sono irrobustite e soprattutto non è mai stato “normale” nei confronti della Liga Veneta, che è di gran lunga il partito regionale più forte nella Lega, e si è confermato come tale alle recenti elezioni regionali, in cui il governatore veneto uscente, Luca Zaia, tra la lista personale e quella della Lega, ha toccato il 77 per cento dei voti.

Salvini e le regionali: il tentativo di disinnescare il trionfo di Zaia

Durante la campagna elettorale per le Regionali in Veneto, Salvini aveva tentato di tutto per disinnescare gli effetti dell’annunciato trionfo di Zaia, imponendo agli assessori regionali uscenti e ai big del partito di candidarsi nella lista della Lega e non nella Lista Zaia. Nonostante questo, la Lista Zaia ha ottenuto il 44 per cento contro il 16 della Lega. La risposta di Salvini arriva oggi, con il siluramento di Fontana, ritenuto forse troppo leale a Zaia.

Quello del “centralismo lombardo” della Lega – oggi del tutto ingiustificato dal confronto dei risultati elettorali tra Veneto e Lombardia – è un problema storico della Lega sin dai tempi di Bossi e di Rocchetta. Ed è all’origine della diaspora di tante formazioni autonomiste uscite dall’alveo della Liga Veneta proprio per essere fedeli al Veneto. Se al leader della Lega in Veneto non basta avere il 77 per cento dei consensi nella propria Regione per poter rivendicare, nemmeno all’interno della Lega, un’autogestione del partito regionale, la strada dell’autonomia regionale in Italia è lunga…

“Macché dimissioni, solo un auspicio”. La smentita della Liga

L’annuncio di Fontana ha provocato un piccolo terremoto tra i militanti della Liga Veneta. E l’effetto s’è visto subito. Poche ore dopo che la notizia, data dal Gazzettino e rimbalzata subito sui siti d’informazione veneti, si era diffusa, dalla Liga Veneta arriva una smentita:

“Il commissario della Liga Veneta, Lorenzo Fontana, non si è dimesso e traghetterà il partito al congresso, che avrebbe dovuto tenersi alla fine dell`anno ma che probabilmente slitterà per via dell’emergenza Covid”.  E’ quanto ha spiegato all’agenzia Dire il commissario provinciale di Venezia della Liga Veneta, Andrea Tomaello. Secondo Tomaello, la lettera inviata da Fontana ai vertici del partito sarebbe soltanto “un auspicio“: avendo ricevuto la nomina a responsabile nazionale del dipartimento nazionale Famiglia e valori identitari, Fontana avrebbe inteso soltanto esprimere “l’auspicio che in Veneto si lasci spazio ai giovani”, sostiene Tomaello. L’annuncio di Fintana “non corrispondeva alle sue dimissioni” – assicura Tomaello – e “non è che adesso si nominerà un altro commissario” per arrivare alla “già prevista” fase congressuale. Ci sarà dunque, assicura il vicesindaco di Venezia, un normale congresso della Liga, che sceglierà il nuovo segretario.

E questo dimostrerebbe che il passo indietro annunciato da Fontana non sarebbe affatto teleguidato da Via Bellerio. Nessun siluramento, insomma: “Salvini e Fontana sono amici”.

 

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