27 Luglio 2024
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Conte: cambio la Costituzione, alle Regioni meno autonomia. Zaia: rimetto la mimetica

Dal nuovo governo Conte una vera dichiarazione di guerra alle autonomie regionali e a all’autonomia del Veneto in particolare, che non a caso è la sola Regione italiana a rispondere per le rime, per bocca del governatore Luca Zaia.

Nel discorso di Giuseppe Conte alla Camera dei Deputati della Repubblica Italiana, pochi giorni fa, c’è un passaggio sul quale la stampa, nazionale e purtroppo anche regionale, ha quasi completamente sorvolato. Un passaggio nel quale il premier italiano annuncia, papale papale, di voler segare le autonomie regionali, addirittura cambiando la Costituzione in senso centralista, come se di centralismo, in Italia, non ce ne fosse già abbastanza.

Le parole di Giuseppe Conte contro l’autonomia

Riportiamo integralmente le parole di Giuseppe Conte: “L’esperienza della pandemia impone anche un’attenta riflessione sulla revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione, con particolare riguardo all’assetto delle competenze legislative di Stato e Regioni, come pure alla individuazione di meccanismi e istituti che consentano di coordinare più efficacemente il rapporto tra i diversi livelli di governo”.

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Sembrano parolette inoffensive, ma non è così. Anzitutto, perché questo è il programma di governo sul quale Conte ha chiesto e ottenuto la fiducia. E poi perché l’aver messo in posizione di spicco, nel programma che il governo si prefigge di attuare, la revisione del Titolo V della Costituzione “con particolare riguardo all’assetto delle competenze legislative di Stato e Regioni”, significa soltanto una cosa.

Il governo taglierà le “23 materie” chieste dal Veneto

Significa la volontà di cancellare molte delle competenze legislative che la Costituzione affida alle Regioni, segando soprattutto le competenze cosiddette “opzionali” cioè i poteri e le competenze statali che la Costituzione prevede siano attribuiti – insieme alle quote di gettito fiscale che lo Stato ha finora utilizzato per farvi fronte – alle Regioni “che ne facciano richiesta”. Sono le famose 23 materie che il Veneto ha richiesto, sostenuto dall’esito formidabile di un referendum consultivo nel quale la stragrande maggioranza dei Veneti si è espressa a favore di una maggiore autonomia.

Tutti sappiamo com’è andata. Da quel 22 0ttobre 2017 in cui il Popolo Veneto si è espresso tanto chiaramente, a parte un’intesa preliminare rimasta lettera morta, i governi che da quella data si sono succeduti non hanno fatto che mettere paletti alla richiesta del Veneto e delle altre Regioni che si sono accodate.

Il primo governo Conte e le “colpe” della Lega

Non vi è dubbio che anche il primo governo Conte, quello in cui Salvini e la Lega erano presenti e pesanti, abbia delle grandi responsabilità.

La senatrice veneta Erika Stefani (Lega), che fu Ministro per le Regioni e per l’Autonomia dal giugno 2018 al settembre 2019

Il ministro per le Regioni e per l’Autonomia, dal giugno 2018 al settembre 2019 era una valida politica veneta, la senatrice Erika Stefani, vicentina della Lega: si è battuta come una leonessa, scontrandosi con l’aperta contrarietà di una parte del Movimento 5Stelle, e trovando un ulteriore limite politico nella strategia di espansione “nazionale” di Salvini, che ha impedito di fatto alla Lega di rappresentare le ragioni del Veneto e delle altre Regioni del Nord con la forza e la determinazione che sarebbero state necessarie per superare i veti degli allora alleati Cinquestelle.

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Ma è stato il secondo governo Conte a “trazione sinistra” a rendere esplicito, perfino spudorato, il rifiuto di applicare la “Costituzione più bella del mondo” nella parte in cui elenca i poteri delle Regioni. Le famose 23 materie che la Costituzione attribuisce alle Reioni “che ne facciano richiesta” sono contestate nel merito: parlamentari Pd e Cinquestelle, ma anche eletti nel Sud di Forza Italia e Fratelli d’Italia si alternano nello spiegarci perché su questo punto la Costituzione “più bella del mondo” dica solo scemenze inapplicabili che metterebbero a rischio il Paese. Lo stralcio, ai primi di dicembre 2020, della legge quadro sulle autonomie regionali, e il suo rinvio praticamente sine die, è stato l’ultimo atto ufficiale in materia del governo Conte II.

Soldi e autonomia, ma a Roma: lo schiaffo al Veneto

A fine dicembre 2020 poi, ecco l’approvazione di un ordine del giorno di Giorgia Meloni nel quale le “maggiori competenze e autonomie” con tanto di 10 miliardi di dotazione aggiuntiva, venivano invece garantite, con procedura d’urgenza, alla città di Roma. Un ceffone, un insulto alle richieste di autonomia del Veneto al quale invece quella autonomia veniva negata.

E arriviamo al cosiddetto Conte III, il governo fondato sulla risicata fiducia ottenuta da Giuseppe Conte pochi giorni fa. Un governo ancor più a “trazione sinistra”, avendo perduto la “gamba centrista” dei renziani. Un governo che nasce sul “patto di legislatura” delineato dal premier, e quindi sul taglio delle autonomie regionali esistenti, invece che sulla concessione di maggiori autonomie come prevede la Costituzione, che Conte annuncia di voler cambiare, cancellando o limando i poteri regionali che la Carta elenca.

La reazione di Zaia: non puoi sputtanare l’autonomia

Di fronte alle parole di Conte, il governatore del Veneto Luca Zaia è il solo a non restare zitto: “Tu non puoi – sbotta Zaia –  andare in Parlamento per trovare i voti e sputtanare l’autonomia. È stato veramente indelicato quel passaggio. Che sia chiaro che noi non ce la siamo messa via: appena finisce l’emergenza noi torniamo in mimetica. In maniera pacifista, ma noi l’autonomia la vogliamo”.

Parole sante, alle quali ci attendiamo seguano fatti. E seguano adesso, senza attendere la fine dell’emergenza Covid. Per almeno due motivi.

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Primo motivo, perché durante l’emergenza Covid il governo ha ben trovato il tempo di occuparsi di parità di genere, di “genitore 1″ e genitore 2” e di altre cose non esattamente prioritarie in questo momento. Ha ben trovato il tempo di dare soldi e autonomia a Roma!

Secondo motivo. Perché il richiamo alla pandemia, fatto da Conte nel suo discorso alla Camera, è chiaro: è “l’esperienza della pandemia“, ha detto Conte, ad imporre la revisione costituzionale in senso centralista. La pandemia Covid, insomma, lavora contro l’autonomia regionale.

Deputato veneto del Pd critica Zaia e su Conte, zitto

Un deputato veneto del Pd, il veronese Diego Zardini, a far squadra con Zaia non ci pensa proprio: neanche una parola per contestare la pugnalata in Costituzione ai poteri delle Regioni annunciata da Giuseppe Conte, ma invece un’aperta contestazione al governatore del Veneto, del quale posta sulla sua pagina Facebook una foto in tuta mimetica.

Il premier Giuseppe Conte (a destra) e Luca Zaia in tuta mimetica, nell’immagine pubblicata sulla pagina Facebook dell’on. Diego Zardini (Pd)

Zaia metta la mimetica a Carnevale – continua Zardini – dopo l’assalto a Capitol Hill è da irresponsabili ogni riferimento alla militarizzazione della politica. Non appena il Paese potrà tornare alla normalità – assicura Zardini – riprenderemo il percorso per garantire al Veneto e alle altre Regioni che lo hanno chiesto le forme di autonomia previste dalla Costituzione: il processo dell’autonomia differenziata e responsabile si è bloccato per cause di forza maggiore, cioè per la pandemia“.

Ma in realtà il percorso di cui parla Zardini è accidentato per motivi del tutto indipendenti dal Covid. Il referendum veneto sull’autonomia è del 2017, e la raffica di “no” della maggioranza che sostiene Conte cominciano ben prima della pandemia Covid, durante la quale si trova comunque modo di architettare modifiche costituzionali che vanifichino la richiesta di maggiori autonomie regionali. L’emergenza Covid non è la causa “di forza maggiore” che blocca il cammino dell’Autonomia, ma soltanto l’eccellente pretesto invocato dal governo Conte per fermare tutto e avere il tempo di cambiare la Costituzione in senso centralista prima di intavolare col Veneto e con le altre Regioni vere trattative sull’autonomia.

Covid strumentalizzato per favorire la svolta centralista

Il Covid viene strumentalizzato dal governo Conte per far passare la fake news di un governo centrale saggio e prudente, difensore della salute dei cittadini, che deve combattere contro venti staterelli regionali che fanno solo confusione. Non a caso il governo impugna regolarmente ogni “deviazione” regionale non gradita dalle regole imposte all’Italia tutta, “una e indivisibile”, dalle ordinanze delle Marche e della Puglia fino alla recente legge regionale della Val d’Aosta.

E una settimana fa – il 13 gennaio 2021 – la maggioranza di governo, divisa su tutto, s’è tuttavia trovata d’accordo nel rinviare per l’ennesima volta la discussione sull’autonomia regionale. Lo denuncia la senatrice Erika Stefani, postando sulla pagina Facebook del gruppo Lega al Senato questa eloquente immagine.

Il post della senatrice Erika Stefani sulla pagina Facebook del Gruppo Lega al Senato

Forse non si è accorto, il professor Conte, che perfino a Roma e nel Sud, in questo secondo tempo di lockdown, nessuno si affaccia più ai balconi a cantare l’inno di Novaro-Mameli…

Alvise Fontanella

 

 

 

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