20 Aprile 2024
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La Serenissima non era una società per azioni

La Nuova Venezia del 6 aprile 2021 pubblicava uno sconcertante articolo intitolato: «Il Doge, CEO di Venezia con i Patrizi in Consiglio di Amministrazione. Uno Stato-azienda per essere immortali», a firma di Michele Gottardi.

Il pezzo presenta il libro di Pieralvise ZorziStoria spregiudicata di Venezia”, dove già il titolo evoca questa idea di spregiudicatezza: un termine che richiama alla mente l’atteggiamento delle donne di malaffare.  Il sottotitolo chiarisce che si tratterebbe di «una chiave del tutto inedita per la costruzione del mito e delle fortune della Città».

Uno Stato-azienda?

Fermiamoci alle prime righe dell’ articolo: «Il segreto del suo successo? L’aver ideato una società per azioni, gestendo lo Stato come fosse un’azienda»; tali premesse dicono già tutto.

È per noi questa l’occasione per riflettere sul contrasto insanabile tra il lascito ultra-millenario della Veneta Civiltà e l’ottica miserrima con cui oggi si guarda al passato.

Viviamo nel mondo fatuo degli “influencer” ad imitazione dei modelli conformisti americani, i quali disprezzano la Civiltà e la Tradizione per esaltare potere, denaro, aziendalismo, trivialità varie.

L’ansia secondo Pasolini

A ben vedere, questa società odierna si nutre di qualsiasi provocazione atta a  banalizzare la cultura classica ed umanistica: deve rimuoverla, per sostituirla con il verbo neoliberista. Ciò genera “l’ansia colpevole di attenersi all’ordine degradante dell’orda”, come la definiva con scientifica precisione Pier Paolo Pasolini.

Il padrone universale esige che la coscienza collettiva concepisca la trasgressione laddove invece ci sarebbe da imparare e da inchinarsi.

PieralviseZorzi e la Storia spregiudicata di Venezia

Nell’articolo Pieralvise Zorzi appare il divulgatore culturale proveniente dal mondo dei pubblicitari.  Non dubitiamo dei suoi grandi meriti acquisiti nell’arte della propaganda, ci chiediamo solo che bisogno senta di dire certe cose in altri campi.

Questa “Storia spregiudicata di Venezia” di sicuro non farà parte della mia biblioteca.  Quanto, poi, a tutta questa importanza annessa al Mito di Venezia, vorrei dire che questa è una posa della cultura moderna.

Il mito e la verità

Sfugge che la Repubblica ha costruito una Civiltà grandiosa, che era fatta di cose vere, concrete, importanti per i suoi cittadini e per il mondo; su questo, Venezia ha visto la necessità e l’opportunità di elaborare la sua possente immagine; volendo spiegare questo processo culturale con una allegoria, è come se una splendida donna si avvolgesse in un abito meraviglioso che ne sublima la bellezza.

Tuttavia, il vestito (come il Mito) nulla significherebbe se non vi fosse la persona in carne ed ossa, fatta nella sua verità e nella sua realtà. Venezia soleva definirsi la “Nuova Gerusalemme”. Su un piano figurativo, la notorietà ha affidato a Giambattista Tiepolo il compito di rappresentare Venezia : la rappresenta ineffabile regina mentre riceve l’omaggio di Nettuno, il suo amato mare divinizzato.

Quella era la dimensione sua propria, mistica ed ultraterrena; non era un prodotto di vuota apparenza, come accade nel mondo hollywoodiano della comunicazione odierna.

L’elogio di Venezia, di Fancesco Petrarca

Come nel caso di una leggiadra nobildonna, a generare il suo prestigio non erano le sue pretese, ma le lodi dei suoi ammiratori; qui ci soccorrono le parole dell’aretino Francesco Petrarca, che nel 1364 così la dipinse: «quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond’è cinta, dalla prudente sapienza dè figli suoi munita e fatta sicura».

Una Civiltà straordinaria, che nel lungo decorso storico aveva potuto ergersi a pari livello di Atene e Roma, fors’anche sopravanzarle per i valori umani e spirituali espressi. In tanti si sono dilettati ad elencare l’incredibile elenco dei “primati veneti” ottenuti nella storia.

Coronelli, la prima enciclopedia a stampa

La grandezza morale produceva infatti il genio; voglio limitarmi a ricordare un uomo di scienza, Padre Vincenzo Maria Coronelli, Generale dell’Ordine francescano dei Frati Minori, nato a Venezia il 16 agosto 1650 e mortovi il 9 dicembre 1718.

Ebbene, è l’autore della prima enciclopedia generale a stampa al mondo; purtroppo della sua “Biblioteca universale sacro-profana”, che doveva contare 300.000 voci in ordine alfabetico distribuite in 45 volumi, si sono completati solo i primi sette, che coprono le voci „A“ fino al lemma „Caque“ con indice per materie e in varie lingue.

Quest’opera poderosa ha la sua importanza nel movimento enciclopedico proprio in ragione del suo piano. Per facilitare l’identificazione e i riferimenti sulla pagina, il Padre francescano aveva collocato un numero romano nella colonna centrale per indicare il numero di riga, in incrementi di dieci.

L’autore ha adottato una impaginazione per colonna anziché per pagina, ogni volume era dedicato a una personalità, per esempio il Papa, il Doge di Venezia, il Re di Spagna.  Coronelli aveva innovato anche mettendo in corsivo i titoli dei tomi, una pratica adottata in seguito da tutti.

Venezia era più in là in tutto.

Era la Repubblica più tollerante e democratica, concepiva il pluralismo politico, etnico, religioso.

La Repubblica cattolica

Era la Repubblica più cattolica di ogni altro Stato, anche dello Stato Pontificio, perché i Veneti avevano un fortissimo senso di comunità religiosa, i nostri Padri avevano investito capitali da capogiro per erigere 200 chiese nella sola Capitale (in gran parte con capitali privati, ma questo è un fattore rafforzativo del discorso, non un’attenuante), per non dire del resto dello Stato, tutto orientato sugli insegnamenti evangelici.

Era la Repubblica più forte sul piano mercantile, imprenditoriale e finanziario, aveva  inventato la prima Banca Centrale con un governatore di nomina pubblica.

La proprietà pubblica

Era la Repubblica più “socialista“, avendo posto il massimo di mezzi di produzione e scambio in capo alla proprietà pubblica, come l’Arsenale, le navi mercantili, le abitazioni per il popolo; gli Arsenalotti non erano solo il potere operaio dell’epoca, erano anche la guardia scelta del Doge, la forza pubblica che vigilava in piazza sulla sedute del Maggior Consiglio, agli ordini dei Procuratori di San Marco.

Era lo Stato più ecologista, aveva una capacità di pianificazione e normazione degli aspetti urbanistici e ambientali senza pari, aveva introdotto il riciclo dei rifiuti, con prescrizioni precise su come smaltire i rifiuti sia edili, sia organici, a beneficio della salubrità lagunare.

La Capitale dei libri

Era la Capitale mondiale dell’Arte e della Cultura, non solo brillava per lo “Studium” di Padova (governato dagli studenti stessi organizzati “per Nazione”), ma soprattutto per le grandi politiche che incoraggiavano la produzione artigianale, artistica e culturale, con una stampa sterminata di libri di qualità.

Venezia è svilita da termini gretti come “città anfibia” che accostano i Veneziani alle rane; Venezia mal sopporta corbellerie, come paragoni con società lucrative.

Papa Benedetto XVI alla Salute

Persino il grande Pontefice Benedetto XVI nell’importante discorso tenuto l’8 maggio 2011 alla Basilica della Salute di Venezia, contrapponendosi alla concezione di post-modernità propria del sociologo ebreo Zygmunt Bauman, ha affermato: “Si tratta di scegliere tra una città liquida, patria di una cultura che appare sempre più quella del relativo e dell’effimero, e una città che rinnova costantemente la sua bellezza attingendo dalle sorgenti benefiche dell’arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini e tra i popoli”.

Nell’epoca dello stupidismo liberale che tutto vuole privatizzare, l’insegnamento della nostra Santa Repubblica è quello di preservare la Sovranità nelle mani di uno Stato forte, capace, autorevole, partecipato e rivolto ai cittadini.

Questa è la vera ed insostituibile fortuna può essere di ogni popolo.

Edoardo Rubini

 

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