16 Aprile 2024
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I Bonaparte da indipendentisti corsi a biechi nazionalisti francesi

La storia della Corsica nel Veneto e in Italia non è affatto conosciuta; mi piace ricordare come il grande, grandissimo sociologo padovano Sabino Acquaviva pubblicò, ancora nel 1982 un volume intitolato “La Corsica. Storia di un genocidio” nel quale denunciò come “la Corsica è una Nazione oppressa” e “La presenza francese in Corsica è una presenza coloniale”.

La cialtroneria di Napoleone emerge per la prima volta proprio in relazione al movimento indipendentista corso.

Pasquale Paoli, Padre della Patria còrsa

Nel 1755 i vari gruppi indipendentisti attivi nell’isola fin dai primi del ‘700 nominarono a capo della rivolta contro la Repubblica di Genova che da diversi secoli dominava l’isola, il giovane Pasquale Paoli.

Nato nel 1725, esiliato a Napoli nel 1738 con il padre Giacinto capo dei rivoltosi corsi contro Genova, studiò all’Università di Napoli seguendo in particolare le lezioni del filosofo Antonio Genovesi; dell’epoca teorizzò:

«Siamo Còrsi per nascita e sentimenti, ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, costumi e tradizioni… E tutti gli italiani sono fratelli e solidali davanti alla Storia e davanti a Dio… Come Còrsi non vogliamo essere né servi e né “ribelli” e come italiani abbiamo il diritto di essere trattati uguale agli altri italiani… O non saremo nulla… O vinceremo con l’onore o moriremo con le armi in mano… La nostra guerra di liberazione è santa e giusta, come santo e giusto è il nome di Dio, e qui, nei nostri monti, spunterà per l’Italia il sole della libertà.»

Pasquale Paoli il Padre della Patria corsa nel monumento di Isola Rossa. La foto è tratta da wikipedia.

La lotta per l’indipendenza della Corsica

Rientrato in Corsica, nell’aprile del 1755 fu proclamato “I° Generale della Nazione Corsa” e nel novembre dello stesso anno proclamò l’indipendenza della Corsica: venne adottata una Costituzione che suscitò interesse ed entusiasmo in tutto il mondo, in particolare nell’America che stava insorgendo contro l’Inghilterra;  nel 1768 viene definito dal  “New York Journal” “the greatest man on earth”.

Pasquale Paoli chiese anche il contributo di J.J. Rousseau che scrisse nel 1764 il suo “Progetto di costituzione per la Corsica”.

Il sogno di una Corsica libera e indipendente tramontò il 9 maggio 1769 quando l’esercito francese sconfisse i soldati corsi il 9 maggio 1769 a Ponte Nuovo.

Carlo Maria Buonaparte, indipendentista còrso

Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte, partecipa a questa battaglia, è uno dei protagonisti del movimento indipendentista corso, svolgendo le mansioni di segretario personale di Pasquale Paoli, ed è famoso per aver fatto giurare migliaia di giovani patrioti corsi al grido di “Vincere  o morire”.

Dopo la battaglia di Ponte Nuovo, Carlo Maria Buonaparte è a capo della delegazione corsa che tratta con il Conte di Vaux; più tardi tenta di riorganizzare la resistenza corsa nella zona di Vico nel nord-ovest dell’isola, ma la risposta dei corsi è debole, il popolo corso è deluso dall’andamento della guerra e si lascia sottomettere dallo strapotere dell’esercito francese.

Carlo Maria Buonaparte collaborazionista

Il 13 giugno 1769 Pasquale Paoli, il padre della Patria Corsa, va in esilio e in quel giorno finisce la storia di Carlo Maria Buonaparte indipendentista corso; si laurea all’Università di Pisa ed entra a far parte dell’Ordine corso della nobiltà creato dai colonialisti francesi per premiare i collaborazionisti corsi; in seguito ottenne diversi incarichi politici e nel 1778 su nominato rappresentante della Corsica presso la corte di Luigi XVI.

Nel frattempo, il 15 agosto 1769, era nato ad Ajaccio Napoleone (15 agosto) e, qualche anno più tardi, la famiglia Buonaparte (si chiamava ancora così) decise di trasferirsi in Francia anche per l’ostilità di tanti corsi che non avevano accettato l’incredibile voltafaccia di Carlo Maria.

Napoleone scrive: Corsica, Patria mia

Nonostante tutto la Corsica era rimasta nel cuore del giovane Napoleone che nel 1787, diciottenne, si sfoga così: « Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l’impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare. Quando arriverò nella mia terra, che atteggiamento adottare, che linguaggio tenere? Quando la patria non è più, un buon patriota deve morire. » 

Sappiamo bene quanto poco ci mise a cambiare idea, diventando il simbolo di una Francia colonialista, antidemocratica, che violentò le nazioni europee in una maniera indecente.

Ettore Beggiato

foto di Gianni Sartori per la rivista Etnie.

 

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