21 Novembre 2025
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Arborea, i Veneti in Sardegna e il fastidio di Emilio Franzina per le “vedute venetiste”

Leggendo “Triveneto migrante. Il racconto dell’antica emigrazione dalle Venezie” di
Emilio Franzina, che offre un’approfondita analisi storica dell’emigrazione dalle
regioni del Veneto, Friuli e Trentino — aree che, pur nelle loro differenze,
condividono una comune esperienza migratoria e culturale — ho scoperto che l’opera
che ho curato nel 2021, Destinazione Arborea. Storie de migrasion, fameje e fadighe
dei veneti de Sardegna (Camisano vicentino, Associazione veneti nel mondo, 2021)
viene citata nella nota 140.

Le “vedute venetiste”…

Franzina scrive testualmente:

«Su Arborea (così ribattezzata nel 1944, ma nata nel 1928 come Villaggio Mussolini e
divenuta due anni dopo comune con il nome di Mussolinia di Sardegna) esistono solo
volenterose indagini giornalistiche basate su interviste e vistosamente ipotecate dalle vedute venetiste degli sponsor del continente (Beggiato, Zaia, ecc., cfr. A. Medda Costella, “Destinazione Arborea. Storie de migrasion, fameje e fadighe dei veneti de Sardegna”, Associazione Veneti nel Mondo, col patrocinio della Regione Veneto e del Comune di Arborea, 2021), quando in realtà la storia – anche immigratoria – del luogo vanta origini significativamente prefasciste sin dal 1918, con i progetti della Comit e della sua Società Bonifiche Sarde, di cui fu animatore sino al 1933 l’ingegnere vicentino Giulio Dolcetta».

Un onore, non una colpa

È sicuramente un piacere che studi considerati marginali, rispetto a una narrazione
“continentale”, siano entrati nell’orizzonte di un illustre accademico.

Arborea, 14 novembre 2021. Scopertura della targa Comune onorario del Veneto

Prima però di entrare nel merito delle osservazioni ciò che salta all’occhio nella sua
precisazione è certamente il fastidio della presenza nella pubblicazione delle
presentazioni di personaggi pubblici del Veneto, come se questa fosse una colpa e
non un onore ricevuto dalle istituzioni che oggi rappresentano la terra che ha dato i
natali ai miei antenati.

La bandiera veneta

Una delle cose che imparai a mie spese da sardo e oriundo le prime volte che visitai i luoghi d’origine dei miei nonni è che la bandiera della Regione del Veneto, o sarebbe meglio dire la bandiera dei veneti, nel Veneto propriamente detto al di là dei confini amministrativi, non è un valore condiviso, così come altri elementi identitari che dovrebbero far parte del bagaglio culturale di questa storica comunità, una su tutte la lingua con le sue specificità.

Veneto, il Leone di San Marco nella bandiera regionale

 

Ciò a differenza della Sardegna, dove la bandiera dei Quattro Mori è ampiamente riconosciuta come simbolo identitario trasversale (negli ultimi anni anche la lingua sarda sta ricevendo particolari attenzioni dall’intellighenzia isolana). Sos bator moros, sebbene non portino un messaggio di pace come la bandiera veneta (Pax Tibi Marce Evangelista Meus), sono sventolati con orgoglio ovunque, perfino nelle adunate in piazza San Pietro per l’Angelus del Papa.

La bandiera regionale della Sardegna

Un’area quasi disabitata

Ma andiamo alle osservazioni, apparse alquanto sbrigative, del professor Franzina. Va
precisato che il Villaggio Mussolini è stato elevato a comune nel 1931 e non nel
1930. È certo che le interviste hanno un taglio giornalistico, ma le stesse sono precedute da un saggio che possiede tutti i crismi scientifici di analisi circa il popolamento di quest’area precedentemente quasi disabitata, con fonti archivistiche inedite di prima mano.

Immigrazioni solo dal 1927

Quando poi Franzina riporta che «la storia – anche immigratoria – del luogo vanta
origini significativamente prefasciste sin dal 1918 con i progetti della Comit e della sua
Società Bonifiche Sarde di cui fu animatore sino al 1933 l’ingegnere vicentino Giulio
Dolcetta» dice il vero solo per ciò che concerne la progettazione e l’avvio dei lavori,
ma non certo per il suo popolamento, in quanto i primi sei centri colonici vengono
completati nel 1924, con pochissimi abitanti ciascuno.

Arborea, in Sardegna, primo Comne onorario del Veneto

I primi trasferimenti in terra sarda di braccianti non sardi risalgono al 1927, quando il regime fascista era già in sella da cinque anni, ma dopo soprattutto l’omicidio di Giacomo Matteotti, di cui Benito Mussolini assume la piena responsabilità politica e storica.

Immigrazioni precedenti? No

A quali esperienze immigratorie precedenti fa riferimento Franzina? Alle frequentazioni di quei luoghi in periodo romano o ai pochi bivacchi di pastori o pescatori presenti in zona
prima della bonifica? Si ricordi che i sardi coinvolti nei lavori, soprattutto nei primi anni, facevano i pendolari dai paesi del circondario.

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Per dovere di cronaca le ricerche scientifiche degli ultimi trent’anni sulla bonifica
svolte da illustri storici, accademici e no, sono varie e molteplici nelle tematiche
affrontate. Sono stati anche organizzati diversi convegni con relativa pubblicazione
degli atti, tutti o quasi reperibili in rete insieme alle numerose pubblicazioni di valenti
autori in circolazione.

Rigore e passione

Tutto qui. Non credo che il professor Franzina avesse voluto mostrare diffidenza
verso alcuno, tanto meno verso il sottoscritto che è giornalista iscritto da anni all’albo
dei pubblicisti, ma anche laureato in storia prima all’università di Trieste e poi a
Cagliari, dove si è formato come storico e dove ha avuto la fortuna di lavorare con
docenti che hanno lui insegnato a fare ricerca, con rigore e passione, senza utilizzarla
come strumento di battaglia politica.

Alberto Medda Costella

 

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