Nel maggio 1633, la città di Adria fu scossa da un episodio che univa liturgia, politica e identità locale. Monsignor Giovanni Francesco Mantica, nominato da poco Vescovo di Adria, fece il suo ingresso solenne nel Duomo di Santo Stefano a Rovigo e non nella sede ufficiale della diocesi, la Cattedrale di Adria. Il gesto fu interpretato come una violazione del diritto consuetudinario. Il popolo, con parte del clero, si oppose. Un Consiglio Generale fu convocato in giorno feriale. Si deliberò di scrivere al Senato Veneto per difendere le prerogative adriesi. Come segno visibile del dissenso, fu innalzato sulla facciata della Cattedrale il Leone di San Marco, emblema della Repubblica. Il gesto, senza precedenti, fu percepito come un’affermazione della fedeltà alla Serenissima e della dignità cittadina.

Adria sede vescovile, Rovigo città ambiziosa
La diocesi di Adria è una delle più antiche del Veneto. Tuttavia, sin dal tardo medioevo, i vescovi risiedevano preferibilmente a Rovigo, centro più attivo e meglio collegato. Ciò alimentò tensioni. Rovigo aspirava ad essere chiesa parificata alla Cattedrale, ma la titolarità restava formalmente ad Adria. La Repubblica di Venezia non riconosceva modifiche di fatto senza atto ufficiale. Nel 1633, l’ingresso solenne di Mons. Mantica nella chiesa rodigina fu visto ad Adria come un gesto abusivo. La città reagì in modo ordinato ma deciso. Furono inviate lettere ufficiali al Senato e alla Curia. Intanto, il Leone di San Marco fu posto sulla facciata della Cattedrale, a rivendicare l’appartenenza istituzionale e la dignità della sede episcopale.
La cronaca del 7 maggio 1633
Una fonte coeva registra i fatti in modo puntuale. “Monsignor Ill.mo Mantica arrivò a Rovigo il 7 maggio e celebrò in San Stefano con cerimonia solenne. Inviò poi una lettera al Capitolo di Adria annunciando indulgenze per Pentecoste e l’intenzione di amministrare la Cresima. Nel frattempo, la notizia dell’intrada a Rovigo provocò una reazione immediata.

Il popolo si adirò. Parte dell’ecclesiastico si unì. Fu convocato un consiglio generale. Il Capitolo scrisse al Vescovo per chiedere chiarimenti. Subito dopo fu collocato il Leone di San Marco sulla porta della Cattedrale. Quando il Vescovo giunse ad Adria, si udirono grida popolari: ‘Viva San Marco’.” Il documento conferma la dinamica dei fatti e il ruolo centrale assunto dalla popolazione adriese.
Un atto simbolico per difendere un’identità
L’episodio del maggio 1633 non fu solo un conflitto ecclesiastico. Fu anche una rivendicazione civica e istituzionale. Il Leone di San Marco, collocato in alto sulla Cattedrale, divenne un chiaro segnale.

Adria non intendeva accettare passivamente il ridimensionamento del proprio ruolo. Il grido “Viva San Marco” testimoniava la fedeltà alla Repubblica e la volontà di conservare le proprie prerogative. L’evento segnò un precedente importante nei rapporti tra Rovigo, Adria e la Serenissima. Fu uno dei pochi casi in cui il Leone di San Marco fu utilizzato come strumento di protesta locale, ma sempre nel solco della legalità e del rispetto istituzionale. Adria, piccola ma consapevole della sua storia, seppe affermare con determinazione i propri diritti.
Fonte: “Annali Adriesi” di A. Lodo – “Dalla sede episcopale di Adria Veneta” di F.A. Bocchi
Marco Fornaro