Era il 24 giugno 1405 quando il popolo di Verona giurò fedeltà alla Serenissima. E per quasi quattro secoli mantenne la promessa, fino agli eroici giorni delle Pasque Veronesi, quando la città insorse contro Napoleone nel nome di San Marco, onorando per l’ultima volta, col tributo del sangue, l’antico giuramento di fedeltà. Verona fidelis!
L’inganno dei Da Carrara
Caduta tre anni prima la non amata signoria dei Visconti su Verona, Francesco II da Carrara era entrato in città con l’inganno, facendo credere di voler favorire il ritorno degli Scaligeri, dei quali i veronesi conservavano un buon ricordo. Il Da Carrara mise in scena un teatrino mica male: invitò a Verona Guglielmo della Scala, figlio di Cangrande II.

Fu un trionfo, il popolo acclamava Guglielmo signore, ma il perfido Da Carrara lo aveva già avvelenato, per tenersi la signoria. I veronesi non stettero al gioco sporco, scoppiarono tumulti e disordini.
La dedizione di Verona
Venezia seppe approfittarne: aiutato dal popolo veronese, l’esercito veneziano entrò in città accolto con giubilo, e Francesco II Da Carrara fu lesto a fuggire. E così, quel 24 giugno 1405, i veronesi scelsero Venezia. La dedizione di Verona alla Serenissima fu solenne: il nobile Pietro Da Sacco eletto capitano del popolo e quaranta nobili veronesi furono inviati in delegazione al Doge, con le insegne di Verona, per giurare fedeltà alla Repubblica Veneta.
Il Doge e il patto di autonomia

Il Doge Michele Steno li accolse in Piazza San Marco, e pochi giorni dopo venne promulgata la Bolla d’oro, il patto “costituzionale” che sanciva i privilegi – si chiamavano così – di Verona, in pratica la sua autonomia all’interno del “commonwealth” veneziano. La delegazione veronese tornò in città con la bandiera del Leone di San Marco, dono del Doge.
La reputazione della Serenissima

E vale ancora una volta sottolineare che le Dedizioni – lo strumento giuridico con il quale la Serenissima estendeva il dominio – furono certo indotte dalla forza militare, dalla potenza di cui Venezia disponeva in quei secoli. Ma anche dalla reputazione della Serenissima, dalla fama di libertà, di prosperità, di buongoverno, di moderazione fiscale, di cui il governo veneziano godeva.
Patti di tipo federale
La forma è sostanza: la Dedizione non umiliava chi si sottometteva alla Dominante, anzi esaltava la volontarietà, la libera scelta di “darsi” alla Serenissima, secondo patti onorevoli, che rispettavano le tradizioni, il diritto di autogoverno locale, la dignità della classe dirigente locale, riservando a Venezia la competenza in materia, si direbbe oggi, di alta giustizia e politica estera.

distrutto a martellate e abbattuto dai municipalisti giacobini. Tavola di Francesco Bonanno su
commissione del Comitato per la celebrazione delle Pasque Veronesi.
Erano patti che in qualche modo, mutatis mutandis, potremmo considerare di tipo federale. E forse è proprio questo che ha garantito alla Serenissima il secolare amore dei territori che governava, il commovente rimpianto di tante popolazioni quando dovettero accettare il fatto che la Repubblica non c’era più.
Tutto il contrario dell’Italia, ahimé…
Alvise Fontanella








