19 Aprile 2024
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Castradina, il piatto tradizionale della Madonna della Salute

Il 21 Novembre, festa della Madonna della Salute, a Venezia, nel Veneto e anche in Friuli e in Istria è d’uso mangiare la castradina. Detta anche “castradina schiavona” (si pronuncia s-ciavona) perché la carne – montone castrato, salato e affumicato – veniva dalla Dalmazia. La si consuma il 21 Novembre, ma spesso anche la vigilia.

La castradina è una zuppa molto saporita, a base di cosciotto di montone salato, affumicato e stagionato, tradizionalmente proveniente dalla Dalmazia o anche dall’Albania Veneta, nella quale si usano foglie di verza, cipolle e vino. In Dalmazia e Albania la carne di montone, affumicata, veniva seccata al sole. Così si conservava bene durante la traversata dell’Adriatico in nave verso Venezia.

La castradina è popolarissima a Venezia. Tutti i bechèri (macellai) si procurano il montone castrato di Dalmazia o Albania. Ma vi avvertiamo: la castradina è un piatto di slow, slow, slow food. Nonna Elvira diceva che per fare la castradina serviva un giorno intero. Ma potete facilmente assaggiarla al ristorante: a Venezia è difficile trovare un ristorante che non la proponga, il 21 di novembre. Se la si prepara in casa, comunque, la raccomandazione è di far sgrassare bene la carne di montone castrato, facendola bollire più volte e cambiando ogni volta l’acqua finché il sapore acquista delicatezza.

Come si fa la castradina: ecco la ricetta della nonna

Procuratevi un cosciotto da almeno 8 etti di montone dalmato, castrato, salato e affumicato. Poi un chilo di verze e una cipolla per il soffritto, per il quale si usa olio extravergine d’oliva, meglio quello raccolto precocemente. Sale, pepe, alloro, chiodi di garofano, carota, sedano in abbondanza. Quasi tutti mettono qualche bacca di ginepro.

Il cosciotto va tagliato a pezzi, come uno spezzatino, ma a tocchi più grossi e irregolari. Lo si mette in una pentola, con acqua abbondante, e lo si fa bollire per tre volte, buttando via  l’acqua ogni volta, per togliere l’eccesso di grasso. Dopo ogni bollitura, la carne deve essere lasciata raffreddare lentamente. Per rendere il sapore più delicato, si può anche arrivare a 4-5 bolliture. L’ultima bollitura – una sobbollitura lenta di un paio d’ore – si fa nel brodo, con carota e sedano. Il brodo, naturalmente, non si butta.

Si soffrigge a parte la cipolla con un dado di burro e olio d’oliva, e si aggiungono le foglie di verza, tagliate un po’ larghe, con una spruzzata di vino bianco. Quando la verza è a tre quarti di cottura, si aggiunge la carne di montone insieme al suo ultimo brodo di cottura, e si finisce di cucinare la verza. Chi vuole aggiunge il timo come tocco finale. La castradina va servita in ciotole di terracotta perché deve rimanere molto calda, e accompagnata con crostini di pane abbrustoliti o saltati al burro.

 
 
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