La lingua veneta dialetto anzi dialettini dell’italiano, un coacervo di parlate locali mal derivate dall’italiano, buone appena in ambito famiiare, indegne della vita politica e civile. Questa è la vulgata che da generazioni ci viene trasmessa a scuola, da insegnanti figli di altri insegnanti ai quali i maestri bacchettavano le dita se gli sfuggiva una parola “in dialetto“.
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E non è vero niente: sette secoli fa, nel Trecento, e probabilmente ancor prima, ma è dal Trecento che ne abbiamo testimonianza certa, nelle parrocchie della Repubblica di San Marco si celebrava la Messa in latino, ma i Vangeli venivano letti anche in veneziano, in modo che tutti i fedeli potessero comprendere.
La lingua veneta nella vita pubblica
Era allora, il veneziano, cioè la lingua veneta parlata nella Dominante, una sorta di “volgare illustre”, per dirla con padre Dante, una lingua che veniva compresa da tutti, nel Veneto e nell’area adriatica, una lingua che non sentivi solo in famiglia o tra amici, ma anche nella vita pubblica, una lingua nella quale si scrivevano contratti e lettere ufficiali, si discuteva di politica internazionale nel Senato, e la si utilizzava perfino nella Messa, secoli prima del Concilio Vaticano II.

La bellezza dei Vangeli in antico veneziano, i Vangeli che da sette secoli si leggevano durante la Messa, è commovente. Quella lingua veneta è unitaria, è veneziana ma ha tratti oggi sopravvissuti soltanto nelle parlate padovane, trevigiane, vicentine, veronesi, ma tutte comprese nella grande koinè della lingua veneta.
Francesca Gambino, i Vangeli in antico veneziano
Quello che riportiamo, in vista della Santa Pasqua, è il Capitolo XX del Vangelo di San Giovanni, anzi il Capitolo XX de lo Vangelio de San Çoane, come sta scritto nel testo, nel veneziano di sette secoli fa. Il Vangelo della Risurrezione. Nella Biblioteca Marciana di Venezia si conserva infatti una delle più antiche versioni dei Vangeli in lingua volgare.
E’ un manoscritto, in veneziano antico, che risale alla prima metà del Trecento. E’ stato pubblicato da Francesca Gambino docente di Filologia Romanza all’Università di Padova, nel volume I Vangeli in antico veneziano (Editrice Antenore, Padova 2007).
Vangelio de San Çòoane
En quel tempo, una dì de sabado, Maria Magdalena venne la doman, como ancora no fosse claro dì, a lo monumento, et vete che la piera è remosta de lo monemento. Alora ela corse et vene da Symon Piero et a l’oltro discipulo, lo qual amava Iesù, et disse a loro: «Ello xé toleto lo Segnor de lo monumento et no savemo lò che elli l’eba metudo!».
Adoncha Piero et quel oltro discipulo se partì et vene a lo monemento. Ma entrambi doi coreva ad insembre, et quello oltro discipulo si corré anenti de Piero et vene emprimamentre a lo monumento. Et como elli fosse inclinadi, elli vete solamentre linçuoli metudi en lo monumento, ma ello no entrà entro.
Adoncha vene Symon Piero seguando lui et ntrà en lo monumento et ello vete linçuoli et lo sudario metudi, lo qual sì era stado sovra lo cavo de Iesù; et no era là o’ era lo linçuolo, ma ello era involupado in un logo.
Et daspo’ entrà entro quelo discipulo che era primieramente vignudo a lo monumento, et vete et credete. Ma ello no saveva ancora la Scritura, che ello devesse rescuscitar da morte.