27 Luglio 2024
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Cippi e Pietre della Repubblica, la scandalosa incuria per i segni della Serenissima

La Serenissima, più ancora dell’Austria, era un Paese ordinato, che custodiva con caparbia fermezza il territorio e soprattutto il particolare ambiente legato alle acque e ai boschi, origine della potenza militare e commerciale. Della Serenissima non rimangono solo palazzi, ville, monumenti, fortezze e città. Non rimane solo l’arte, la cultura. L’intero dominio di San Marco è costellato da segni apparentemente più umili, ma in realtà parte di disegni grandiosi, segni di buongoverno, di una capacità di custodire il territorio, di modellare l’ambiente a tutela di tutti.

Le pietre della Repubblica: il confine di Stato

Le pietre della Repubblica sono dovunque. Segnano, sulle montagne, il confine di Stato con l’Impero degli Asburgo, a tutela della pace.

Passo Giau. Le pietre di confine tra la Veneta Repubblica e l’Impero Asburgico

Segnano, nella Bergamasca, nel Trentino e nell’Istria, il confine della Serenissima col Ducato di Milano o con l’Impero e accompagnano le strade in cui poteva svolgersi il libero commercio tra i paesi sotto Venezia e i paesi sotto l’Austria.

Cippo confine di Stato (tra Repubblica Veneta, Ducato di Milano e il Cantone dei Grigioni) a Pian delle Parole sulle Alpi Orobie

Sono muri, garitte, leoni di San Marco, case confinarie, cippi confinari. Ma anche all’interno della Repubblica, il demanio di San Marco viene regolato e garantito da pietre ufficiali, pietre di Stato. Argini di San Marco, strade di San Marco, Mezzomiglio, cippi di conterminazione delimitano e tutelano foreste demaniali, canali, zone in cui era vietato costruire.

C‬ippo confinario del Bosco d’Alpago, Cansiglio, riservato al demanio di San Marco

La conterminazione lagunare

Intorno alla Laguna, fin dal Seicento nel Senato Veneto ci si preoccupa di stabilire visibili conterminazioni che segnino il confine oltre il quale non si doveva costruire nulla, non si doveva coltivare, nè interrare. Gli spazi che dovevano essere lasciati all’espansione delle acque.

Cippo di conterminazione lagunare n.73 anno 1791, nei pressi della Stazione ferroviaria di Porto Marghera.

Prima in cotto, poi in pietra d’Istria, i cippi di conterminazione lagunare sono 99 e corrono per 124 chilometri lungo il confine della Laguna, abbracciandola tutta. Queste pietre della Repubblica non sono monumenti in sè, sono solo pietre, iscrizioni semplici e burocratiche, controllate e sostituite varie volte, per il bene del territorio, anche quando il governo veneto era già caduto. Ma quelle pietre della Repubblica sono testimoni del buon governo della Serenissima, della cura che il Senato Veneto aveva del territorio e del particolare ambiente lagunare.

Se l’Italia di oggi avesse l’amore e il rispetto che dovrebbe avere per gli antichi Stati, quelle pietre sarebbero tutelate, conservate, protette e valorizzate come meritano. Giacciono invece spesso semisepolte in mezzo a terreni agricoli, mangiate dalle erbacce, dimenticate come è dimenticata dall’Italia, quando non deliberatamente negata e nascosta, la storia gloriosa, il rango europeo e mondiale della Serenissima. Soltanto da pochi decenni, benemerite associazioni e appassionati studiosi hanno iniziato a censire, documentare, valorizzare questo patrimonio.

Un’incuria scandalosa

Ma c’è tuttora un’incuria scandalosa. Chi passa per la Stazione di Porto Marghera, e scende lì magari per andare al nuovo campus universitario di via Torino, incontra il Cippo numero 73. Conterminazione lagunare 1791. Il testimone del buongoverno della Serenissima, della cura del governo veneto per il territorio, si erge ancora dov’era 232 anni fa.

Cippo di conterminazione lagunare n.73 anno 1791, nei pressi della Stazione ferroviaria di Porto Marghera.

Un paio di coni di gomma bianchi e rossi, perfino commoventi nella loro rozza semplicità, sono pietosamente piazzati accanto all’antica pietra, perché i camion del cantiere eterno che sta sistemando la zona della Stazione non ci passino sbadatamente sopra.

Prima del cantiere, gli andava anche peggio. La massicciata ferroviaria della linea Mestre-Venezia passava letteralmente sopra al cippo, che ne veniva parzialmente interrato. Solo il muretto ferroviario di sostegno, di cemento, s’interrompeva per un metro, per rispetto dell’antica pietra.

Cippo numero 73, anno 1791, nei pressi della Stazione ferroviaria di Porto Marghera. Foto da “I cento cippi di conterminazione lagunare”, edito da Istituto Veneto di Scienze lettere ed arti, Venezia 1991

Oggi il cippo numero 73 è lì, scoperto, danneggiato, urtato, malmenato, con segni evidenti di deflagrazioni e scoppi, abbandonato come sono abbandonati gli altri 98 cippi di conterminazione lagunare, alcuni spariti del tutto, non si sa se rubati o sepolti o inglobati in massicciate, in fondamenta di edifici, di ponti, di capannoni.

Onore e amore alle pietre della Repubblica

E questa scandalosa incuria documenta bene la distanza tra la moderna cura del territorio che aveva la Serenissima e quella che ne ha l’Italia. Questa vergogna deve finire. Onore ai Leoni, ai Cippi confinari e ai Cippi di conterminazione, onore e amore alle pietre della Repubblica.

Prima di Garibaldi, prima del Risorgimento, non c’erano popoli italiani disprezzati e derisi come ci hanno raccontato a scuola, ma popoli orgogliosi, ricchi e rispettati nel mondo, che curavano il loro territorio assai meglio di quanto abbia saputo fare l’Italia così mal conquistata e male unita dai Savoia.

 

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